Condanna preventiva
La difesa, il beneficio del dubbio e la presunzione di innocenza fino all’ultimo grado di giudizio sono diritti civili che non si negano a nessuno. Nemmeno a un galantuomo come il signor Giovanni Brusca che con la modica spesa di 21 anni di carcere e quattro di libertà vigilata, ha “pagato” i suoi conti con la giustizia per la bazzecola di oltre 150 omicidi, fra commessi o commissionati. Invece, per i cacciatori – che sono fra i cittadini più integerrimi sani e controllati – non ci sono diritti, e dopo oltre trent’anni di vessazioni, offese e norme sempre più punitive e ingiuste, se paragonate alle regole in vigore in altri Paesi UE, c’è solo la condanna preventiva a “furor di stampa”, sulla base di quello che è un vero e proprio processo alle intenzioni.
Un attacco rozzo e qualunquistico
Già, la giustizia italiana – anche quella grossolana e isterica dei blog e dei social – è stranamente a due facce, e una semplicissima bozza preliminare è stata più che sufficiente a scatenare una sguaiata canea (da non confondersi con la melodia della canizza) ai limiti del buon gusto e della realtà. E se, di fronte ad un simile attacco, tanto massiccio e orchestrato quanto rozzo e qualunquistico, alcuni cittadini-cacciatori hanno osato tentare quella famosa difesa che non si nega neanche ai più sanguinari criminali, apriti cielo!! Le truppe dell’informazione storicamente e politicamente vicina all’ideologia animalista hanno massacrato le tastiere dei loro computer e sfornato quintalate di carta contenenti la solita valanga di luoghi comuni triti e ritriti e di menzogne. Il tutto, sapientemente condito di aggettivi quantomeno allarmistici se non proprio terroristici in grado di suscitare sdegno fra i lettori meno preparati.
L’accusa più fasulla e dannosa
Nei precedenti interventi, la Libera Caccia ha smontato molte di queste allucinanti argomentazioni suscitando il rancoroso sdegno di qualche giornalista che si ritiene unico depositario della verità. Riepilogando, sono state rispedite al mittente accuse su: stravolgimento della legge 157/92; “legge sparatutto”; caccia tutto l’anno; Far West venatorio; uso di armi spaziali; aumento ridicolo delle specie cacciabili; fucili (ovviamente carichi) appesi sotto gli ombrelloni fra persone che prendono il sole o giocano a racchettoni; caccia e gare cinofile in piena notte. Ma la nostra “sacrosanta difesa” continua e stavolta vogliamo stigmatizzare quella che è forse l’accusa più fasulla e dannosa, cioè i presunti rischi che correrebbe la biodiversità.
La vera colpa
Ecco, chi si lascia andare a simili presagi non solo dimostra in maniera lampante la sua totale ignoranza ma si allea proprio con coloro che della biodiversità si riempiono la bocca ma poi assistono impotenti alla sua distruzione da parte di troppe specie opportuniste (corvidi, volpi, cinghiali ecc.) e di altrettanto numerose e dannose specie alloctone (nutrie, ibis sacri, scoiattoli grigi, per non parlare poi delle specie marine. La vera colpa, è quella di chi si ostina, ideologicamente e non scientificamente. a non prendere in considerazione il famoso termine “gestione”, permettendo che le cosiddette aree protette – soprattutto quelle urbane e suburbane – continuino a rappresentare delle vere e proprie zone franche dove tali specie regnano incontrastate seminando morte e distruzione. Ma il tempo è galantuomo e una simile frenesia ideologica finirà per dimostrare tutta la sua reale pericolosità, mettendo i “manovratori ultraortodossi” di fronte alle loro responsabilità ambientali (IL PRESIDENTE Paolo Sparvoli).