
Al senato della Repubblica lo scorso 17 settembre si è concluso l’esame degli emendamenti al disegno di legge 1552 di riforma della Legge 157/92 sulla caccia da parte delle commissioni riunite 8ª (Ambiente, transizione ecologica, energia, lavori pubblici, comunicazioni, innovazione tecnologica) e 9ª (Industria, commercio, turismo, agricoltura e produzione agroalimentare). Il ddl seguirà dunque l’iter ordinario: terminata cioè la discussione in commissione passa in aula al senato. Se è approvato, passa alla camera dei deputati, dove la procedura si ripete. Se il testo viene modificato, deve tornare al senato per approvare le modifiche, fino a quando le due camere non approvano lo stesso identico testo. Che a quel punto viene promulgato dal presidente della Repubblica ed entra in vigore il quindicesimo giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Tempi? Il senato si è destreggiato con i 2084 emendamenti, le audizioni e gli accorpamenti con gli altri già presentati progetti di legge in materia di fauna selvatica, tuttavia Movimento 5 stelle e Partito democratico faranno senz’altro ostruzionismo nel tentativo di bloccare quella che viene considerata – a torto – una “deregolamentazione venatoria senza precedenti”. La maggior parte da parte degli emendamenti provengono proprio dal l’M5s che ne ha depositati oltre mille, Alleanza Verdi e Sinistra ne hanno presentati più di 500 e il Pd oltre 300. Nel frattempo Animalisti Italiani, Enpa, Lac, Lav, Lndc e Oipa hanno depositato 53mila firme per la proposta di legge di iniziativa popolare per “per l’abolizione della caccia, la tutela di orsi e lupi, l’incremento delle aree protette e il divieto di ingresso dei cacciatori nelle proprietà private”.
Fin dalla prima presentazione la riforma (qui il nostro articolo) ha generato un acceso dibattito soprattutto politico e ideologico con alcuni quotidiani “di area” impegnati a promuovere interpretazioni fantasiose se non proprio false. In risposta a un articolo del genere, per esempio sul Fatto quotidiano, ecco come ha risposto Elena Tubetti di Fratelli d’Italia, relatrice del provvedimento: “Al Senato non è in discussione la possibilità di sparare sulle spiagge, nei lidi attrezzati; non si favorirà in alcun modo il bracconaggio che resterà una pratica illegale perseguita per legge dalle autorità. Insomma, questa legge non sarà la sceneggiatura di un film dell’orrore, come scrive l’autore. L’aggiornamento della 157 del 92 era necessario proprio per tutelare al meglio la fauna selvatica e regolare l’attività venatoria, anche considerata la vetustà della legge che non tiene conto del cambiamento del contesto dopo oltre trent’anni. Il Parlamento ne sta discutendo, assolvendo un impegno che nella scorsa legislatura lo stesso Parlamento aveva attribuito al Governo. Le Commissioni hanno audito tutte le parti interessate, seguendo le regole dettate dalle leggi e dalla Costituzione. Ci sarà dunque una legge che continuerà a proteggere la fauna e che regolerà al meglio l’attività venatoria. È legittimo avere le proprie opinioni, come anche sostenere l’abolizione della caccia, in Italia è garantito poterle esprimere ed è legittimo fare attività a supporto delle proprie posizioni. È però fondamentale che nessuno cerchi di procurare allarmi infondati pubblicando notizie che nulla hanno a che vedere con l’animo e lo scopo della legge e tantomeno con la realtà dei fatti. Confidando nella vostra collaborazione per offrire al pubblico una corretta informazione, quanto più oggettiva possibile”.

Per delineare meglio il quadro in evoluzione e gli schieramenti risultano di particolare interesse proprio le audizioni che si sono svolte prima dell’estate.
I suggerimenti del mondo venatorio e agricolo
Le associazioni venatorie singolarmente (Federcaccia, Enalcaccia, Arcicaccia, ANLC, ANUUMigratoristi, Cacciatori italiani e Associazione cacciatori veneti), ma anche Cabina di regia unitaria del mondo venatorio, Comitato Caccia e Natura e le confederazioni agricole (LiberiAgricoltori, Confagricoltura, Coldiretti, CIA-Agricoltori italiani e Copagri) accolgono generalmente con favore le proposte, ritenendole più aderenti alle esigenze dei cacciatori e a una gestione faunistica “moderna”. Anche essi lamentano una “campagna di disinformazione anticaccia”. Vedono l’agricoltura e gli agricoltori come perno per la ricostruzione delle aree rurali, con una profonda conoscenza degli equilibri ecologici locali. Fondazione UNA, che include mondi venatorio, ambientalista, agricolo e scientifico, condivide l’obiettivo di aggiornamento normativo per una gestione e tutela integrata della natura. Arcicaccia si rende protagonista anche di alcuni distinguo: ribadisce la centralità della salvaguardia della caccia sociale e pubblica, la contrarietà a trasformare le Aziende Faunistico Venatorie in istituti con scopo di lucro e all’uso diffuso di termocamere e visori notturni nella caccia di selezione, con condivisione all’uso in controllo.
Passando al testo di legge nella sua interezza, per quanto riguarda la cattura temporanea e l’inanellamento (articoli 4, 5), ANLC suggerisce l’uso del microchip come alternativa all’anellino per l’identificazione e propone di consentire la cattura di uccelli per il rinsanguamento degli allevamenti e per fiere e sagre. Per quanto riguarda le aree protette e il demanio marittimo (articolo 6). ANLC, Cacciatori italiani e Confagricoltura contestano l’esclusione del demanio marittimo dalla programmazione venatoria, affermando che precluderebbe la caccia agli uccelli acquatici in aree vallive curate dai cacciatori, e che esistano già norme sulle distanze. Associazione cacciatori veneti propone di reinserire le aree demaniali nella programmazione faunistico-venatoria e di ridurre le aree protette se eccedono le percentuali stabilite. Federcaccia ritiene la previsione sul demanio marittimo “superficiale” e “da elidere”, poiché bloccherebbe la gestione faunistico-venatoria lungo le coste. La Cabina di regia del mondo venatorio e Confagricoltura evidenziano la necessità di chiarire che il divieto di caccia nel demanio marittimo non si applichi a zone vallive o altre aree umide già oggetto di gestione venatoria.

Relativamente al nuovo assetto proposto degli Ambiti territoriali di caccia (articolo 9), la Federazione italiana Discipline armi sportive e cinofilia sportiva (FIDASC) e ANUUMigratoristi propongono di sostituire il rappresentante ENCI con quello delle discipline cinotecniche sportive.
Quanto alle Aziende faunistico-venatorie (AFV) e Agri-turistico-venatorie (AATV) (articolo 10), Confagricoltura e Federcaccia apprezzano le modifiche intese a valorizzare il ruolo agricolo e turistico di tali aziende e per la creazione di una filiera agroalimentare della carne di selvaggina.
Riguardo al controllo della fauna selvatica (articoli 12 e 13), Confagricoltura e LiberiAgricoltori auspicano un sistema nazionale semplice, efficiente ed efficace per il risarcimento dei danni, fondato su criteri uniformi e un principio di giusta compensazione. LiberiAgricoltori chiede che non si tratti di un aiuto, ma di un risarcimento, con procedure semplificate per l’autorizzazione al controllo e la commercializzazione dei capi abbattuti. Quindi sottolinea come la partecipazione degli imprenditori agricoli sia fondamentale grazie alla loro profonda conoscenza dei cicli stagionali e degli equilibri ecologici locali. La Provincia di Belluno, tramite il Comandante Oscar Da Rold, evidenzia la crescente preparazione del settore venatorio, in particolare nell’area faunistica delle Alpi, dove i selezionatori e controllori, attraverso percorsi formativi specialistici, diventano una risorsa inestimabile per la Pubblica Amministrazione nel controllo delle popolazioni faunistiche. Suggerisce anche di legittimare l’utilizzo di armi di calibro diverso dal .22 per i Corpi e Servizi di polizia provinciale per aumentare l’efficacia degli interventi. Sul controllo eseguito dai cacciatori per l’emergenza peste suina è intervenuto anche il commissario straordinario del governo, Giovanni Filippini, che spiega come il “depopolamento” dei cinghiali, necessario per impedire la diffusione della peste suina, viene svolto attraverso i cacciatori “esperti e conoscitori del territorio”, attraverso il controllo eseguito durante tutto l’anno anche all’interno dei parchi.
Il generale Simonetta De Guz, comandante del Comando tutela forestale e dei parchi, sottolinea l’attività dei Carabinieri forestali nella protezione dai crimini alla biodiversità e nella prevenzione dei reati ambientali e condivide l’indirizzo della legge, destinata ad aggiornare il quadro normativo vigente contemperando le esigenze di protezione della fauna selvatica omeoterma con una gestione sostenibile dell’attività venatoria, riconoscendo che agricoltori e cacciatori concorrono all’equilibrio ecosistemico.
Sulle specie cacciabili e i periodi di attività venatoria (articolo 11), l’ANLC suggerisce l’introduzione di un massimo di 15 giornate di mobilità programmata su tutto il territorio nazionale per la caccia alla selvaggina migratoria, superando norme percepite come obsolete dato il calo dei cacciatori. Un’altra proposta prevede 30 giornate di mobilità a livello nazionale per la migratoria.

Gli ambientalisti contro a prescindere
Le associazioni ambientaliste intervenute, cioè ENPA, LIPU, Legambiente, WWF e quelle che hanno fornito contributi come Bearsandothers, ma anche altre 47, praticamente tutte le sigle, che hanno elaborato un unico documento, esprimono forte resistenza, sollevando preoccupazioni su ogni aspetto della legge e lo spauracchio della violazione delle direttive europee sulla conservazione degli uccelli selvatici, per esempio, e gli impegni internazionali dell’Italia. Per capirci, questa la conclusione del documento: “Il DDL 1552 non modernizza, ma deregolamenta. Non tutela, ma svende. Non bilancia, ma impone. Non risolve ma aumenta i problemi. Il Parlamento italiano ha la responsabilità storica di respingere una proposta di legge che mina le basi della convivenza tra uomo e natura, compromette il futuro della biodiversità e apre pericolose falle nel nostro ordinamento giuridico”.
Bearsandothers – Animali Liberi ODV, recente movimento attivista per la tutela della fauna selvatica, in particolare degli orsi, considera assurdi la ridenominazione e lo scopo della legge (da “protezione” a “gestione e protezione”, articolo 1), poiché l’uomo è parte della natura e non dovrebbe assurgere a ruolo di regolatore. LIPU e Legambiente sostengono che la caccia è un’attività ricreativa di privati, non uno strumento scientifico o di interesse pubblico per la conservazione. Legambiente lamenta anche che il mondo ambientalista e quello scientifico non siano stati coinvolti. Bersandothers giudica “barbara” l’apertura a operatori agricoli per i controlli, chiedendo un rafforzamento del sistema veterinario e dei nuclei di polizia giudiziaria. LIPU evidenzia che l’affidamento del controllo a soggetti privati armati, incluse guardie giurate, è già oggetto di procedure d’infrazione europee e porta a una “privatizzazione e armamento” che crea conflitto d’interessi e non risolve il problema.

LIPU dichiara che la cattura di uccelli con reti è vietata dalla Direttiva Uccelli e che il DDL non fa riferimento alle deroghe necessarie. Inoltre, sottolinea come i richiami vivi siano una fonte di trasmissione di patologie (per esempio l’influenza aviaria) e siano legati a traffico illegale.
LIPU denuncia, poi, l’eliminazione del limite massimo della prima decade di febbraio e dello svilimento del parere vincolante di ISPRA (Istituto superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale) come una violazione della Direttiva Uccelli (migrazione prenuziale). Bearsandothers teme una “liberalizzazione incontrollata” dei calendari.
LIPU vede la (supposta) estensione delle zone cacciabili come una “minaccia diretta” alla fauna e alla sicurezza dei cittadini, riducendo le aree protette e contravvenendo agli impegni europei di estensione delle aree protette al 30% del territorio. Critica la visione delle aree protette come “elemento di disturbo” e la possibilità di cacciare in prossimità di zone frequentate da escursionisti.
Bearsandothers vede l’ampliamento degli ATC come un modo per aumentare la presenza di cacciatori nei boschi e la limitazione dei componenti come un “escamotage” per favorire gli interessi pro-caccia, escludendo ambientalisti. LIPU definisce il sistema ATC “fallimentare” e l’introduzione dell’ENCI “non motivata”, criticando l’assenza di monitoraggio sull’efficacia degli interventi e la promozione del “nomadismo venatorio” a scapito del legame cacciatore-territorio. Su AFV e AATV, Bearsandothers ritiene che trasformare la gestione della fauna in attività imprenditoriale porti al “mercimonio” della fauna selvatica, che è “patrimonio indisponibile dello Stato”. LIPU vede la possibilità di lucro e l’operare senza limiti di tempo come una “privatizzazione della fauna selvatica” a favore di un’industria venatoria deregolamentata.
LIPU critica l’assenza di misure per rafforzare il contrasto al bracconaggio e al traffico illegale di fauna selvatica, notando che le sanzioni attuali sono spesso inefficaci. Rileva inoltre che l’introduzione di una sanzione amministrativa per l’ostacolo alle attività di controllo, quando queste sono di pubblica utilità, potrebbe depenalizzare la condotta che ricadrebbe invece nel reato di interruzione di pubblico servizio. Bearsandothers chiede una chiara esplicitazione del ruolo delle guardie eco-zoofile.
Molte associazioni ambientaliste e scientifiche esprimono, infine, preoccupazione per la marginalizzazione del parere vincolante di ISPRA nel processo decisionale, considerandolo un’esclusione della scienza a favore di interessi di parte. ISPRA stessa sottolinea che la possibilità per le Regioni di discostarsi dai pareri tecnici senza una solida base scientifica potrebbe limitare il contributo tecnico-scientifico. Tutti punti di vista, considerazioni la stragrande maggioranza delle volte senza fondamento: pare possibile, oggi, sostenere che le associazioni venatorie o le confederazioni agricole non si affidino a consulenti scientifici o non eseguano ricerche e indagini? L’intenzione è sempre la medesima: screditare il più possibile un “avversario” con tutti i mezzi, leciti, ma soprattutto illeciti e pretestuosi.

Il “mondo scientifico” disinteressato?
L’ISPRA stessa, pur sollevando alcune considerazioni, riconosce che le profonde trasformazioni del quadro faunistico e sociale rendono comprensibili e in parte opportune alcune modifiche all’impostazione originaria della normativa. Per esempio, l’estensione delle competenze per il controllo della fauna negli aeroporti e l’uso di strumenti ottici ed optoelettronici per gli ungulati sono considerati condivisibili o accettabili dall’ISPRA. Il mondo scientifico non di area venatoria aveva tutte le opportunità di presentare deduzioni o considerazioni, non l’ha fatto. Credo neppure dopo sollecitazioni della parte anticaccia. Il solo professore ordinario di medicina veterinaria all’università di Sassari, Marco Apollonio, non è chiaro se di sua iniziativa o invitato da qualcuno, ha prodotto un documento portato alle commissioni. Apollonio critica l’insistenza sui richiami vivi, considerandola “poco accettabile e ingiustificata sul piano tecnico”. Sul controllo della fauna, suggerisce la presenza di un funzionario pubblico per evitare abusi (mentre ISPRA raccomanda di estendere la platea dei coadiutori includendo professionisti qualificati esterni al mondo venatorio) e critica l’eliminazione della valutazione ISPRA per i corsi di formazione.

ISPRA suggerisce ulteriori verifiche di coerenza con gli orientamenti comunitari e manifesta la preoccupazione che le regioni possano modificare l’elenco delle specie cacciabili senza un parere tecnico adeguato. Apollonio trova però “illogico” posticipare la caccia per il cambiamento climatico, che invece anticipa le migrazioni primaverili. Sostiene che l’ampliamento degli ATC ad aree provinciali fa perdere il legame del cacciatore con il territorio, favorendo comportamenti “poco responsabili”. Pur riconoscendo il ruolo di tutela delle AFV, solleva preoccupazioni sulla conversione di AFV in AATV, che hanno una gestione meno avanzata e più orientata al consumo, con possibili ricadute negative. Pur vedendo la forma d’impresa come risoluzione di un’ipocrisia, auspica limiti più stringenti per le AATV a causa del loro discutibile valore ambientale/educativo e del rischio di “inquinamento faunistico”. Critica, infine, l’esclusione dei cacciatori (con esperienza sul campo) dal censimento del lupo organizzato da ISPRA per un “pregiudizio ideologico”.