I numeri riportati dall’associazione
Il bracconaggio è in crescita, nonostante la crescente sensibilità ambientale. 1.043 esemplari di uccelli protetti morti conferiti al CRAS WWF di Valpredina nel 2025, contro i 685 del 2024, con un incremento del +52,26% e si prevede che questi numeri aumentino ancora considerato che la stagione venatoria non è conclusa. Numeri relativi alle sole province di Brescia e Bergamo che si prevede aumentino ancora, considerato che la stagione venatoria non è conclusa, e che confermano la gravità di un fenomeno criminale sempre più organizzato. A crescere sono in particolare le uccisioni di piccoli uccelli protetti come il pettirosso.
Organizzazioni criminali
A questi numeri si aggiungono le migliaia di uccelli sequestrati dalle forze di polizia perché detenute illegalmente, spesso per essere usate come “richiami vivi”, come emerge anche dai dati pubblicati dai Carabinieri forestali (Operazione Pettirosso condotta dalla Sezione Operativa Antibracconaggio, SOARDA). Dietro il bracconaggio non ci sono più solo singoli individui, ma vere e proprie organizzazioni criminali che hanno capito che investire in questo settore significa fare affari d’oro rischiando pochissimo.
Un fenomeno sottovalutato
Queste le dichiarazioni di Domenico Aiello, responsabile Tutela giuridica della natura del WWF Italia: “La sottovalutazione della gravità del fenomeno – che danneggia la biodiversità, la salute umana e l’economia legale – rende inefficaci gli strumenti di prevenzione e repressione: controlli sul territorio, indagini, processi e sanzioni. In questo senso il ruolo della politica è fondamentale: deve tradurre la sensibilità dell’opinione pubblica e le evidenze di un crimine in crescita, non cedere alle pressioni di chi chiede di ridurre i controlli e favorire concessioni alle lobby venatorie, ma dimostrare senso di responsabilità nella tutela degli interessi comuni e dei principi sanciti dall’articolo 9 della Costituzione. Al contrario molte regioni hanno via via demolito la tutela della fauna selvatica. La Lombardia, ad esempio ha modificato la legge sulla caccia ben 28 volte negli ultimi 10 anni e questa pericolosa tendenza oggi è registrata anche a livello nazionale”.



































