Editoriale: Tra le ricerche effettuate di recente nel settore della caccia, quella realizzata dalla Facoltà di Economia dell’Università di Urbino, per conto di Anpam, ha confermato che il sistema produttivo e distributivo in Italia ha un rilevante peso economico e occupazionale.
Le cifre del rapporto parlano di 2.264 imprese con una forza lavoro diretta di 11.358 addetti, senza considerare l’indotto. Il valore prodotto in numeri è a nove zeri quando si parla di spesa aggregata riferita a cacciatori e tiratori contribuendo a farne una voce significativa del PIL del Paese.
Accanto al valore economico generato dal settore, la caccia porta con sé una gamma di valori immateriali come tradizione, storia e rispetto per l’ambiente che si sono tramandate con regole non scritte ma non per questo meno sentite ed autorevoli. Oggi più che mai questo patrimonio di sentimenti e passioni condivise diventano fondamentali per sostenere il complesso e fragile equilibrio del sistema economico che non può essere privo di una eticità d’impresa.
Anche se il concetto è condivisibile, è tuttavia la forza della scientificità dei numeri espressi nella ricerca urbinate o quella condotta dal Professor Finzi, ad avvalorare la tesi che c’è una parte produttiva del Paese efficace e strutturale. La questione è di farlo sapere a chi disegnerà un auspicato nuovo sistema di governance. Per quanto riguarda il settore sono proprio questi numeri indicati dalla ricerca ad imporre una strategia condivisa per uscire da una sorta di autoreferenzialità in cui si galleggia da anni.
E’ ora di iniziare a prendere il vento. Come? Con la politica dei piccoli passi senza fermarsi alle prime difficoltà poste da gruppi di pressione o da surrettizie questioni ideologiche. E’ un’azione a cui tutti sono chiamati a prestare la loro opera, le piccole e grandi aziende come i singoli appassionati.
Io ho iniziato la mia mission partendo dall’ambiente familiare: ho provato a convincere mia figlia di dodici anni che la caccia di selezione è perfino necessaria per mantenere l’ecosistema dei territori in equilibrio.
Questo concetto è passato, perché neanche lei vuol vedere morire i caprioli di rogna per sovrappopolazione, ma adesso devo trovare una convincente risposta alla domanda successiva e cioè, perché per mantenere l’ecosistema in equilibrio devi proprio sparargli?
Devo dunque fare un passo indietro e spiegare quali sono e come sono costruiti quei valori immateriali di cui ci sentiamo un po’ custodi e dirle che ritengo opportuno basare la sua crescita morale non solo sul concetto di polli cresciuti industrialmente (peraltro indispensabili e dal valore economico ed occupazionale importante), ma anche su altri valori più difficili da comprendere, più crudi ma anche fortemente autentici perché appartengono alla cultura della nostra terra e che traggono origine da tempi ancora più lontani di quando si usavano i piccioni viaggiatori per comunicare.
Mia figlia mi ha ringraziato della spiegazione e mi ha ricordato che i piccioni non si usano più e che non dovevo dimenticare di ricaricarle il cellulare perché le era finito il credito!
Un seme è lanciato e sono sicuro che ce la faremo.
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