La gestione degli ungulati in Europa rappresenta una storia di successo nella conservazione della fauna selvaticaattraverso la caccia regolamentata. Sia a livello europeo sia italiano, le popolazioni di ungulati selvatici hanno registrato un notevole aumento negli ultimi decenni, grazie in gran parte alle pratiche di gestione che vedono il coinvolgimento attivo dei cacciatori.
Il “Rapporto sulla caccia agli ungulati 2025” della Federazione dei cacciatori europei-FACE evidenzia che la caccia regolamentata è uno strumento moderno per la gestione della fauna selvatica. Non è solo una tradizione, ma contribuisce attivamente alla conservazione della biodiversità, mantenendo popolazioni equilibrate, proteggendo gli habitat e riducendo i conflitti tra uomo e fauna selvatica.
La caccia in Europa previene la sovrappopolazione di ungulati, che potrebbe causare degradazione dell’habitat e aumentare il rischio di malattie. Genera vantaggi economici e sociali, sostiene i mezzi di sussistenza rurali e promuove la salute degli ecosistemi. Fornisce carne di selvaggina di alta qualità, di provenienza locale e quindi con una bassa impronta di carbonio, contribuendo a sistemi alimentari più sostenibili e rispettosi del clima e della natura.

Stime di prelievo e specie principali in Europa
Il rapporto, basato sui dati di prelievo di 34 Paesi europei, offre una panoramica completa della caccia agli ungulati nel Continente. Nonostante i successi, permangono sfide come la perdita di habitat, i cambiamenti climatici e la necessità di gestione delle specie invasive. La raccolta e la segnalazione accurate dei dati di prelievo sono fondamentali per un processo decisionale basato sull’evidenza e per garantire la sostenibilità a lungo termine.
Capriolo (Capreolus capreolus)
È la specie più numerosa e ampiamente distribuita d’Europa e, dunque, anche la più cacciata, con un prelievo annuale stimato di 3,8 milioni di individui (3,7 milioni nel 2023) in 33 paesi. La Germania è il Paese con il maggior prelievo (circa 1,3 milioni), seguita dalla Francia (circa 600.000). Diversi altri paesi prelevano tra 100.000 e 250.000 individui, ma la maggior parte dei paesi preleva meno di 100.000 caprioli all’anno. Le sue popolazioni sono notevolmente aumentate dagli anni ’80, adattandosi bene agli ambienti modificati dall’uomo e beneficiando dell’aumento delle aree forestali.
Cinghiale (Sus scrofa)
La seconda specie più cacciata, con oltre 3,3 milioni di individui prelevati in 31 Paesi. La Francia registra il prelievo più alto (circa 850.000), seguita da Germania (550.000) e Spagna (450.000). Le popolazioni di cinghiali sono in aumento in tutta Europa a causa di fattori come l’intensificazione agricola, i cambiamenti climatici, l’aumento della disponibilità di cibo e l’elevato tasso riproduttivo.
Cervo (Cervus elaphus)
La terza specie di grandi dimensioni più significativa, con un prelievo totale di circa 1,1 milioni di individui in 30 paesi. Bulgaria e Spagna sono i paesi con il prelievo maggiore (circa 330.000 ciascuno). La popolazione e l’areale del Cervo sono aumentati significativamente nel tempo in Europa, e la caccia e l’uso del suolo hanno un impatto più significativo sulla densità del Cervo rispetto ai grandi predatori.
Altre specie significative in Europa:
Daino (Dama dama)
Circa 610.000 individui prelevati in 24 Paesi, con Regno Unito e Bulgaria che rappresentano circa la metà del totale. È una specie ampiamente distribuita e introdotta in molti Paesi.
Alce (Alces alces)
Predominantemente prelevato in Svezia, Finlandia e Norvegia, con numeri che vanno da 25.000 a 50.000 individui (totale circa 115.000 in 5 Paesi). La caccia è strettamente regolamentata, e le popolazioni sono generalmente robuste, ma influenzate da fattori ecologici come il cambiamento climatico e la perdita di habitat.
Muflone (Ovis aries)
Prelevato in 20 Paesi, con un totale annuale di circa 62.000 individui. Il maggior numero di capi sono prelevati in Spagna (circa 17.000) e Repubblica Ceca (circa 11.000).
Camoscio (Rupicapra rupicapra & Rupicapra pyrenaica)
Il prelievo è di circa 70.000 individui in 13 Paesi. Il Camoscio alpino (Rupicapra rupicapra) è predominante, con Austria, Francia, Italia e Svizzera che registrano i numeri più alti. Il Camoscio pirenaico (Rupicapra pyrenaica) rappresenta circa il 7% del prelievo totale. Alcune sottospecie sono minacciate e richiedono azioni di conservazione urgenti.
Specie Introdotte
Cervo Sika (Cervus nippon)
Circa 70.000 capi prelevati in sei Paesi, principalmente Regno Unito (circa 40.000) e Irlanda (circa 26.000). Questa specie può ibridarsi con il cervo autoctono e probabilmente sarà inclusa nell’elenco delle specie aliene invasive di interesse dell’UE.
Muntjac (Muntiacus reevesi)
Principalmente prelevato nel Regno Unito (circa 108.000 individui nel 2020), con piccoli numeri in Irlanda e Belgio. È una specie aliena invasiva con potenziali impatti su boschi e piante.
Cervo acquatico cinese (Hydropotes inermis)
Prelevato nel solo Regno Unito, con una stima di 20.250 individui nel 2020.
Cervo Axis (Axis axis):
Solo 32 individui prelevati in Croazia. È incluso nell’elenco delle specie aliene invasive dell’UE a causa della loro natura invasiva e dei potenziali impatti sugli ecosistemi locali.

La situazione della caccia agli ungulati in Italia
In Italia, gli ungulati selvatici sono una componente di rilievo di numerosi habitat, una preda ambita tra i cacciatori e rappresentano un impegno gestionale significativo per il contenimento della popolazione e la mitigazione dei danni all’agricoltura. Le popolazioni di ungulati in Italia sono in crescita dopo un calo nel dopoguerra e negli anni ’60.
Il cinghiale è l’ungulato selvatico più numeroso in Italia, diffuso praticamente in tutta la penisola, ad eccezione di alcune zone della Pianura padana, della fascia adriatica, parte della Puglia e alcune aree della Sicilia. La sua notevole presenza è dovuta alla grande capacità di adattamento, ma causa anche un elevato impatto negativo sulle coltivazioni (scavo nei terreni) e sugli ecosistemi locali (predazione di uova di volatili). Le stime più aggiornate (2015) indicano oltre un milione di capi. Lo studio FACE indica in 300.000 capi il prelievo in Italia.
Il capriolo è uno degli ungulati italiani selvatici più diffuso (nonché il più comune a livello europeo), si spinge fino a parchi pubblici e giardini. Presente in Pianura padana, Appennino, Prealpi e Alpi, prediligendo pianure, rilievi collinari o montagne poco elevate. Stimati 456.000 esemplari nel 2010, con l’impressione che la popolazione sia aumentata negli ultimi anni. È la specie più interessata dalle attività venatorie di selezione, valutata da FACE in 100.000 capi.
Il cervo è il più grande mammifero ungulato italiano, diffuso sulle Alpi e Prealpi, con un ritmo di espansione che lo porta sempre più frequentemente nell’Appennino. Dopo aver rischiato la sparizione tra il XVII e il XIX secolo ed essere stato considerato estinto nel secondo dopoguerra, grazie a misure di tutela e reintroduzioni, si stimavano circa 70.000 capi nel 2010. Di particolare interesse sono le popolazioni sarde e della Mesola. La sua diffusione in Italia è del 44,7% delle province. Il prelievo, secondo FACE, è inferiore ai 10.000 capi.
Il daino è considerato una specie alloctona in Italia, introdotta nel Medioevo. Preferisce zone boschive aperte, evitando quelle montuose, ed è presente prevalentemente nell’Appennino centrale e nelle aree collinari circostanti. Si contano circa 20.000 capi, ma non si cerca di stimolarne la diffusione per privilegiare le specie autoctone e prevenire la competizione territoriale. La sua presenza interessa il 52,4% delle province.
Lo stambecco è l’unico ungulato selvatico italiano presente esclusivamente nell’arco alpino. Dichiarato specie protetta nel 1977, la sua popolazione era vicina ai 15.000 esemplari nel 2010. La colonia storica si trova nel Gran Paradiso, da cui è stato prelevato per reintroduzioni in tutto l’arco alpino.
Il muflone è specie alloctona di origine orientale, introdotta per ragioni venatorie. Predilige ambienti collinari o di bassa montagna. La sua distribuzione è disomogenea, principalmente nell’arco alpino, Appennino centro-settentrionale, Gargano e Sardegna. Stimati circa 20.000 capi, soprattutto in Sardegna dove è protetto e non cacciabile. Il 32% delle province italiane presenta il Muflone.
Sulle Alpi italiane vive la più estesa popolazione europea di camoscio alpino, stimata in 137.000 capi. È in espansione numerica e presente nel 21,4% delle province.
Il camoscio appenninico (o d’Abruzzo) è specie endemica presente solo in specifici parchi nazionali dell’Appennino centrale (Sibillini, Gran Sasso, Majella, Abruzzo). Stimati circa 1.200 esemplari, un dato notevole considerando che ha rischiato l’estinzione. La sua diffusione è limitata al 3,9% delle province.
La crescita delle popolazioni di ungulati e la loro crescente interferenza con le attività umane (agricoltura, incidenti stradali, trasmissione di patologie) hanno portato molte regioni a rivedere i regolamenti di caccia. Il Cinghiale, in particolare, è responsabile dell’85% dei danni all’agricoltura, con milioni di euro di danni. Incidenti stradali con cinghiali e caprioli sono aumentati significativamente (es. Toscana, da 188 nel 2001 a 478 nel 2008). Anche gli abbattimenti di cinghiali sono aumentati esponenzialmente (per esempio in Emilia Romagna, da meno di 600 nel 1985 a 21.000 nel 2012). L’ISPRA (Istituto superiore per la Protezione e la ricerca ambientale), in collaborazione con associazioni, ha avviato un progetto per la realizzazione di una “Banca dati sulla distribuzione, consistenza e gestione degli Ungulati selvatici in Italia” (BDU). Lo scopo è censire il patrimonio faunistico, studiarne lo status, l’evoluzione e i rapporti con l’ambiente, raccogliendo dati su distribuzione, consistenza, prelievo venatorio, reintroduzioni e danni. Questa iniziativa mira a promuovere una raccolta dati più capillare e un’accelerazione nell’inserimento dei dati, con il diretto coinvolgimento del mondo venatorio.
Confronto tra Europa e Italia
Il confronto rivela che sia l’Europa che l’Italia hanno sperimentato un significativo aumento delle popolazioni di ungulati selvatici, in gran parte grazie alla gestione sostenibile che include la caccia regolamentata.
Le popolazioni di specie chiave come il capriolo, il cinghiale e il cervo sono in crescita in entrambi i contesti. La caccia è riconosciuta come uno strumento fondamentale per la gestione della popolazione, per prevenire la sovrappopolazione, mitigare i danni e sostenere la biodiversità. Entrambi i contesti affrontano problematiche legate all’interazione uomo-fauna selvatica, quali danni agricoli, rischi di incidenti stradali e potenziale trasmissione di malattie, esacerbati dall’incremento demografico degli ungulati. Anche i cambiamenti climatici e la perdita di habitat sono sfide condivise. La necessità di dati accurati e basati sull’evidenza è sottolineata in entrambi i casi per una gestione efficace e la formulazione di politiche.
Le politiche venatorie in Europa sono soggette a continui aggiustamenti. In Italia, le leggi sulla caccia sono in continua evoluzione a livello regionale, soprattutto per specie problematiche come il cinghiale, per raggiungere obiettivi di densità e mettere in atto piani di controllo numerico.
La caccia regolamentata, in Europa come in Italia, non è una semplice attività ricreativa, ma un pilastro essenziale della gestione della fauna selvatica, che contribuisce alla resilienza degli ecosistemi e alla conservazione del patrimonio naturale, garantendo che le popolazioni di fauna selvatica siano gestite attraverso strategie di prelievo informate.