Il disegno di Legge proposto dai senatori Ignazio La Russa (Fratelli d’Italia), Massimiliano Romeo (Lega), Maurizio Gasparri (Forza Italia) e Andrea Malan (Fratelli d’Italia) introduce numerose e significative modifiche alla Legge 11 febbraio 1992, n. 157, che attualmente disciplina la protezione della fauna selvatica omeoterma e il prelievo venatorio. L’obiettivo generale di queste modifiche è quello di aggiornare la normativa vigente, rendendola più funzionale alle esigenze attuali di gestione faunistica e venatoria, tenendo conto dei cambiamenti ordinamentali e delle istanze provenienti dal settore. Il testo, che consta di 18 articoli, è considerato la posizione unitaria della maggioranza e inevitabilmente incontra forti resistenze da parte delle associazioni ambientaliste e di una parte del mondo scientifico. I partiti di opposizione o le aree più vicine alle istanze ambientaliste, come il Partito democratico o Alleanza Verdi e Sinistra, si schierano a difesa della legge attuale, paventando il rischio di una “liberalizzazione indiscriminata” della caccia. Temono che la riforma ribalti il principio costituzionale ed europeo della prevalenza della protezione della natura, trasformando le aree protette da valore da difendere a “problema” da contenere. Permangono preoccupazioni sull’estensione dei periodi di caccia e delle aree cacciabili, con possibili impatti negativi sulla fauna, in particolare durante i periodi di nidificazione o di maggiore vulnerabilità delle specie. L’eventuale marginalizzazione del parere vincolante dell’Istituto superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale (Ispra) nel processo decisionale è vista come un’esclusione della scienza a favore di interessi di parte, compromettendo l’adozione di misure efficaci per la conservazione della fauna. Le modifiche, secondo i critici, potrebbero minacciare la biodiversità, violare le direttive europee sulla conservazione degli uccelli selvatici e gli impegni internazionali dell’Italia per la protezione dell’ambiente. Preoccupazioni sono state sollevate riguardo a possibili sanzioni per chi si oppone alle attività di controllo della fauna, percepite come una limitazione del diritto di dissenso e di protesta.
Le associazioni venatorie, accolgono generalmente con favore le proposte che ritengono più aderenti alle esigenze dei cacciatori e a una gestione faunistica “moderna”. Il presidente di Federcaccia, Massimo Buconi, tende a sottolineare la necessità di superare rigidità normative percepite come obsolete, ma rimarca la campagna di disinformazione anticaccia. “Ancora una volta, uno strumento previsto e regolamentato da normative nazionali e internazionali e nello specifico corredato anche da una positiva determinazione di Ispra nel merito delle quantità, viene presentato come un regalo ai cacciatori e una infrazione pesantissima a tutte le leggi”. La caccia deve trasformarsi in risorsa per il territorio. L’accento è posto sulla sostenibilità della pratica venatoria e sulla sua importanza per la conservazione degli equilibri ecologici e per la prevenzione dei danni da fauna selvatica.
L’aumento incontrollato di alcune specie, in particolare cinghiali, sta causando danni economici significativi ai raccolti e alle aziende agricole, come evidenziato anche dalle richieste di risarcimento (ad esempio, oltre 4,7 milioni di euro in Piemonte nel biennio 2024-2025). La proliferazione di animali selvatici contribuisce all’aumento degli incidenti stradali. Poi, la gestione della fauna è vista come cruciale per il contenimento di malattie come la Peste suina africana (Psa), per la quale i cinghiali sono considerati vettori principali.
La proposta si prefigge di trasformare la caccia in uno strumento che concorre alla tutela della biodiversità e dell’ecosistema. Tra le modifiche proposte vi sono interventi sull’organizzazione degli Ambiti territoriali di caccia (Atc), la possibilità di trattenere le carcasse degli animali abbattuti a compensazione dei danni subiti dagli agricoltori, e l’introduzione di incentivi economici per la ricostituzione della fauna e la manutenzione delle strutture di ambientamento.
Di seguito, un’analisi dettagliata delle principali modifiche a confronto con la normativa vigente.
- Ridenominazione e scopo della Legge
La prima e fondamentale modifica riguarda il titolo stesso della legge, che passerebbe da “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio” a “Norme per la gestione e la protezione della fauna selvatica omeoterma, nonché per il prelievo venatorio”. Questa modifica è volta a chiarire che la legge non si limita alla sola protezione, ma disciplina anche una serie di attività e strategie per la conservazione, il controllo e l’utilizzazione del patrimonio faunistico, ricercando un equilibrio tra natura e attività umane.
- Riconoscimento dell’attività venatoria
L’articolo 2 del ddl modifica l’articolo 1 della legge vigente, riconoscendo l’attività venatoria come espressione di una tradizione nazionale, in linea con la Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale di Parigi del 2003. Inoltre, si specifica che la caccia, se esercitata compatibilmente con la conservazione della fauna, contribuisce alla protezione dell’ambiente e all’equilibrio ecosistemico. Questa visione olistica intende la caccia non come mero abbattimento, ma come attività sportiva, motoria e culturale, con importanti ricadute economiche e sociali, e come strumento per il contenimento delle specie invasive, il monitoraggio faunistico e la tutela degli habitat. La legge attuale, pur consentendo la caccia, la subordina all’esigenza di conservazione della fauna e di salvaguardia delle produzioni agricole.
- Controllo della fauna negli aeroporti
L’articolo 3 apporta significative modifiche all’articolo 2 della legge 157/1992. Attualmente, le attività di controllo della fauna negli aeroporti sono limitate alle popolazioni di volatili (bird control) e sono affidate al ministro dei Trasporti. La proposta estende queste attività al controllo di esemplari appartenenti a specie selvatiche e a quelle domestiche inselvatichite. La competenza viene inoltre attribuita direttamente ai gestori delle infrastrutture aeroportuali, riconoscendo il loro ruolo nell’assicurare la sicurezza, in coerenza con l’attuale assetto dei rapporti con Mit ed Enac.
- Cattura temporanea e inanellamento (“richiami vivi”)
Le modifiche all’articolo 4 della legge 157/1992, proposte dall’articolo 4 del ddl, ridisegnano le competenze. La legge vigente prevedeva che gli impianti di cattura per l’inanellamento e per la cessione a fini di richiamo fossero autorizzati dalle province e gestiti da personale qualificato dall’Infs (oggi Ispra). Le modifiche trasferiscono la competenza per la definizione delle caratteristiche strutturali e igienico-sanitarie degli impianti pubblici di cattura alle regioni, in adesione alla legge Delrio (L. 56/2014) che ha ridotto le funzioni delle province. Resta ferma la competenza dell’Ispraper il controllo e la certificazione delle attività. Viene inoltre ribadita la competenza regionale nella regolamentazione dell’identificazione dei “richiami vivi” tramite anello inamovibile e numerato, e, per contrastare il bracconaggio, si vieta la compravendita di questi richiami. Si amplia anche la platea dei soggetti istituzionali a cui trasmettere informazioni sull’abbattimento, cattura o ritrovamento di esemplari inanellati, includendo gli istituti regionali che poi comunicheranno all’Ispra.
- Utilizzo dei “richiami vivi” e appostamenti fissi
L’articolo 5 modifica l’articolo 5 della legge vigente. Mentre la normativa attuale consente l’utilizzo di un massimo complessivo di quaranta richiami di cattura per cacciatore (dieci per specie) e un massimo di dieci per la caccia da appostamento temporaneo, la nuova proposta elimina i limiti numerici per i “richiami” allevati in cattività, a condizione che siano inanellati. Viene inoltre eliminato il numero massimo di autorizzazioni rilasciabili per gli appostamenti fissi, una decisione motivata dalla progressiva riduzione del numero di cacciatori e dall’esigenza di evitare la mercificazione delle concessioni. La legge vigente prevedeva che le province rilasciassero autorizzazioni in numero non superiore a quello dell’annata venatoria 1989-1990. Infine, si conferma il divieto di usare richiami non identificabili e la necessità di presentare il richiamo morto per la sua sostituzione, a fini di contrasto al bracconaggio.

- Piani faunistico-venatori
L’articolo 6 del ddl introduce importanti novità nella pianificazione faunistica e venatoria (articolo 10 della legge 157/1992). Le competenze precedentemente allocate alle province vengono riallocate a livello regionale, in linea con la legge Delrio. La nuova normativa promuove una gestione integrata del paesaggio e una distribuzione ponderata della pressione venatoria, abbandonando una visione puramente conservativa a favore di una prospettiva dinamica e multifunzionale.
Inoltre, viene esplicitato che parchi nazionali e regionali, oasi di protezione e zone di ripopolamento e cattura sono ricompresi nella percentuale di territorio agro-silvo-pastorale che le regioni devono destinare a protezione della fauna selvatica (percentuale dal 20 al 30%). Per garantire il rispetto di tali percentuali, le regioni dovranno trasmettere entro dodici mesi al ministero dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste e al ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica una relazione dettagliata sulle aree protette, con previsione di potere sostitutivo dello Stato in caso di inadempimento. Il procedimento di mappatura e ridefinizione avverrà nel rispetto degli obblighi sovranazionali.
Un’altra novità riguarda le aree e i territori del demanio forestale, che saranno soggetti all’attività di programmazione faunistico-venatoria, mentre sul demanio marittimo l’attività venatoria sarà in alcun modo praticabile.
Infine, la soglia di adesione necessaria per l’opposizione alla costituzione di aree vincolate (oasi, zone di ripopolamento, centri pubblici di riproduzione) viene modificata: la volontà di opposizione dovrà essere manifestata dai proprietari o conduttori che rappresentino la maggior parte del territorio interessato, non più il 40% della superficie complessiva come nella legge attuale.
- Eliminazione dell’opzione caccia
L’articolo 7 modifica l’articolo 12 della legge 157/1992, espungendo l’obbligo di scelta tra le diverse modalità di esercizio della caccia (la cosiddetta “opzione caccia”). Questa modifica è giustificata dalla progressiva riduzione del numero di cacciatori in Italia. La legge in vigore imponeva la scelta esclusiva di una delle tre forme (“vagante in zona Alpi”, “da appostamento fisso”, o “altre forme”).
- Strumenti ottici e optoelettronici per la caccia agli ungulati
L’articolo 8 consente l’uso di strumenti ottici e optoelettronici per la caccia di selezione agli ungulati, con l’eccezione di quelli che costituiscono materiale di armamento militare. Questa modifica è motivata da ragioni di sicurezza, al fine di ridurre il rischio di incidenti, consentendo l’uso di strumenti di puntamento più efficaci che minimizzano l’errore umano. L’uso di tali strumentazioni tecnologicamente avanzate, specialmente nella caccia ai cinghiali, favorisce anche una migliore attuazione dei piani di controllo regionali. La legge attuale non prevedeva esplicitamente l’uso di tali strumenti.
- Dimensionamento e gestione degli Ambiti territoriali di caccia (Atc)
L’articolo 9 interviene sull’articolo 14 della legge 157/1992. La normativa attuale prevede che gli Atc abbiano una dimensione subprovinciale. La modifica consente alle regioni di ripartire il territorio destinato alla caccia programmata in Atc aventi dimensioni anche provinciali. L’obiettivo è superare la controproducente proliferazione di organismi associativi, con i relativi costi e oneri burocratici, e diminuire la pressione venatoria sul territorio. Viene inoltre stabilito che il numero dei componenti degli organi direttivi degli Atc non possa eccedere le venti unità, integrato da un rappresentante dell’Ente per la cinofilia italiana, per efficientare l’attività decisionale. La legge attuale prevedeva una composizione paritaria tra rappresentanti di agricoltori, associazioni venatorie, ambientalisti ed enti locali. Vengono anche definiti in maggiore dettaglio le funzioni degli organismi di gestione degli Atc, con particolare attenzione alla promozione e valorizzazione della gestione faunistica e ambientale, e alla sinergia tra attività agricole e venatorie.
- Aziende faunistico-venatorie e agri-turistico-venatorie
L’articolo 10 del ddl modifica l’articolo 16 della legge 157/1992, introducendo disposizioni per una regolamentazione più adeguata delle aziende faunistico-venatorie e agri-turistico-venatorie, in termini di gestione aziendale e trattamento fiscale50.
La modifica più rilevante è che le regioni potranno autorizzare l’istituzione di aziende faunistico-venatorie costituite in forma di impresa, anziché, come previsto dalla legge attuale, senza fini di lucro. Questo permetterà di investire gli utili in attività di utilità sociale coerenti con le finalità naturalistiche e faunistiche, ampliando le opportunità economiche anche in aree interne e periferiche.
Per le aziende agri-turistico-venatorie, il periodo in cui sono consentiti l’immissione e l’abbattimento di fauna selvatica di allevamento può essere esteso oltre i termini stabiliti, previa acquisizione di una valutazione di incidenza ambientale favorevole.
Le regioni potranno autorizzare la conversione di aziende faunistico-venatorie in agri-turistico-venatorie. Inoltre, le concessioni amministrative per la costituzione di aziende faunistico-venatorie avranno una durata di dieci anni e saranno rinnovabili, per una programmazione pluriennale che tenga conto dei cicli biologici e dei tempi di ammortamento degli investimenti.
- Specie cacciabili e periodi di attività venatoria
L’articolo 11 modifica l’articolo 18 della legge 157/1992. Le regioni, nell’articolazione dei calendari venatori, potranno discostarsi dalle indicazioni fornite nei pareri di Ispra e Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale (Ctfvn) a condizione che adducano una motivazione suffragata da argomentazioni desunte da fonti di informazioni scientifiche indicate dalla Commissione europea. Attualmente, le modifiche ai termini sono autorizzate dalle regioni previo parere dell’Ispra, a cui devono uniformarsi.
Tenendo conto dei cambiamenti climatici, le regioni potranno posticipare il periodo di caccia oltre la prima decade di febbraio, limitatamente ad alcune specie di fauna selvatica, previa acquisizione del parere obbligatorio di Ispra e Ctfvn, coinvolgendo gli istituti regionali. La legge attuale fissava i termini tra il 1° settembre e il 31 gennaio.
- Controllo della fauna selvatica
L’articolo 12 modifica l’articolo 19 della legge 157/1992, rafforzando l’apparato e i mezzi per il contenimento della fauna selvatica in eccesso. Le modalità operative dell’attività di controllo della fauna selvatica potranno essere definite con decreto interministeriale (Masaf, Salute, Interno, MASE). Vengono incluse le Città metropolitane tra gli enti territoriali che concorrono all’attuazione dei piani di controllo. Il catalogo dei soggetti che le autorità possono avvalersi è integrato con le guardie private riconosciute ai sensi del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (purché muniti di licenza di caccia e con corsi di formazione specifici) e gli imprenditori agricoli, proprietari e conduttori dei fondi. È prevista la facoltà, a compensazione dei danni subiti e dei costi sostenuti, di poter trattenere gli esemplari abbattuti, purché non presentino rischi per la salute a seguito di analisi igienico-sanitarie. Viene introdotto un nuovo comma che garantisce che le attività di controllo siano svolte nel rispetto dei vincoli fissati dalla legislazione eurounitaria. Queste modifiche mirano a contrastare la proliferazione di specie invasive e i danni alle attività produttive e all’incolumità, fornendo un supporto più ampio di personale specializzato.
- Piano straordinario per la gestione e il contenimento della fauna selvatica
L’articolo 13 modifica l’articolo 19-ter (introdotto dalla legge di bilancio 2023 per contrastare la Peste suina africana – Psa). Coerentemente con l’articolo precedente, si prevede che le regioni possano attuare il piano avvalendosi anche dei cacciatori ammessi all’esercizio dell’attività venatoria dai concessionari degli istituti faunistici privati situati nelle aree interessate, oltre alle guardie private riconosciute, con il supporto dei carabinieri.
- Attività venatoria su terreni nevosi e valichi montani
L’articolo 14 modifica l’articolo 21 della legge 157/1992. In deroga al divieto generale di caccia su terreni coperti in tutto o in parte di neve (salvo in zona Alpi secondo le disposizioni regionali nella legge attuale), la caccia su tali terreni è consentita per l’attuazione della caccia di selezione agli ungulati e per la braccata al cinghiale. Questo è visto come uno strumento utile per mantenere l’equilibrio faunistico-agricolo e forestale, con il manto nevoso che induce maggiore attenzione.
Si introduce una sanzione per le azioni violente atte a ostacolare le attività di attuazione dei piani di controllo.
La legge attuale vietava la caccia su tutti i valichi montani interessati dalle rotte di migrazione dell’avifauna per una distanza di mille metri. La modifica prevede una migliore individuazione dei valichi montani tramite un decreto interministeriale su base cartografica, stabilendo che in corrispondenza di tali valichi venga istituita una zona di protezione speciale (ove non già prevista) e che l’attività venatoria possa praticarsi alle condizioni stabilite dall’ente di gestione della zona di protezione. Questa modifica è volta a garantire il rispetto dei vincoli sovranazionali e a contrastare letture estensive del concetto di valico che hanno portato a divieti di caccia ingiustificati e a un massiccio contenzioso.
- Abilitazione all’esercizio venatorio e licenza di porto di fucile
Le disposizioni in materia di licenza di porto di fucile non si applicano alla caccia praticata avvalendosi dell’arco o del falco. Questo supera un’incongruenza della normativa vigente che richiedeva a chi cacciava con arco o uccelli predatori di dimostrare capacità tecnica nel maneggio di armi da fuoco.
Le abilitazioni per l’esercizio della caccia rilasciate da Stati membri dell’Unione europea o appartenenti allo Spazio economico europeo sono equiparate alle abilitazioni rilasciate in Italia. Questo è in coerenza con i principi eurounitari di libera circolazione dei titoli.
- Vigilanza venatoria
L’articolo 16 modifica l’articolo 27 della legge 157/1992. L’attività di vigilanza potrà essere affidata anche agli agenti dipendenti delle regioni, per contrastare la riduzione degli organici delle polizie provinciali dovuta alla legge Delrio. Inoltre, alle attività di vigilanza potranno concorrere le guardie volontarie delle associazioni nazionali riconosciute, escludendo quelle appartenenti alle associazioni venatorie locali99100. La legge attuale includeva le associazioni venatorie riconosciute in generale.
- Sanzioni amministrative
L’articolo 17 del ddl modifica l’articolo 31 della legge 157/1992. Viene espunta la disposizione che prevedeva una sanzione pecuniaria a carico dei cacciatori che esercitavano l’attività venatoria in una forma diversa da quella scelta. Questa è una conseguenza necessaria dell’eliminazione della cosiddetta “opzione caccia”.
Viene introdotta una sanzione pecuniaria (da 150 a 900 euro) a carico dei soggetti che impediscono, ostacolano o rallentano le attività di controllo e contenimento della fauna selvatica. Questa modifica mira a garantire l’espletamento di attività che salvaguardano l’incolumità pubblica e contrastano la diffusione di patologie come la Peste suina africana.
- Clausola di invarianza finanziaria
L’articolo 18 stabilisce una clausola di invarianza finanziaria, prevedendo che dall’attuazione della legge non derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che le pubbliche amministrazioni provvedano agli adempimenti nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Le modifiche proposte dal Senato alla Legge 157/1992 rappresentano un tentativo significativo di modernizzare e adattare la normativa sulla caccia e sulla gestione faunistica alle sfide attuali, come i cambiamenti climatici, la riduzione del numero di cacciatori e l’esigenza di un controllo più efficace della fauna selvatica, in particolare delle specie invasive. Si passa da una visione prettamente di protezione a una di gestione attiva e multifunzionale, con un maggiore coinvolgimento delle regioni e un’apertura a nuove tecnologie e forme organizzative, pur mantenendo il rispetto dei vincoli europei e internazionali. Le modifiche sembrano indirizzate a rendere la caccia più sicura, efficiente e integrata nella gestione complessiva del territorio.
Il disegno di legge, firmato dai capigruppo della maggioranza in Senato, ha iniziato il suo iter parlamentare. Il dibattito si preannuncia lungo e complesso, con migliaia di emendamenti attesi e una forte pressione da parte delle diverse fazioni. La volontà di trovare un punto di equilibrio tra le esigenze di gestione della fauna, la tutela dell’agricoltura e la conservazione della biodiversità sarà la sfida principale per il legislatore.