
Clamoroso il caso della Regione Lazio il cui piano, pur formalmente vigente, risale a circa 20 anni fa (il riepilogo della situazione regione per regione al link): https://drive.google.com/open?id=0B6FmQFfS_LyFX2UtaFc2SkhVSm8)
E’ bene ricordare che il piano faunistico venatorio, previsto all’articolo 10 della legge 157/92, è strumento indispensabile per la sostenibilità, almeno in teoria, dell’attività venatoria. Tra le altre cose, il piano deve prevedere le zone di protezione, le aree in cui può svolgersi l’attività venatoria e le modalità con cui la caccia va svolta, in rapporto alle problematiche ambientali e alle esigenze prioritarie di conservazione della natura. Il piano ha quindi i suoi effetti anche sui siti della rete Natura 2000, dove la caccia è consentita, a patto che siano osservate le disposizioni sui criteri minimi uniformi ed effettuata la Valutazione d’incidenza ai sensi della direttiva Habitat. Su quest’ultimo aspetto la situazione è davvero grave. In sole tre regioni (Campania, Friuli-Venezia Giulia e Sicilia) la Valutazione d’incidenza è stata realizzata in tempi recenti mentre nelle restanti è obsoleta o addirittura mai realizzata. Un elemento di chiara infrazione della direttiva, che abbiamo segnalato nei giorni scorsi alla Commissione europea con un corposo dossier.
A questo quadro critico si aggiunge la situazione delle specie di uccelli cacciabili: delle 18 specie in stato di conservazione sfavorevole, tra cui l’allodola e la pernice bianca (“Spec 3”, ovvero in stato conservazione sfavorevole, pur non concentrate in Europa), cinque sono addirittura classificate “Spec 1”, ovvero minacciate a livello globale, dal nuovo rapporto Birds in Europe. Si tratta di tortora selvatica, coturnice, pavoncella, moriglione e tordo sassello, che andrebbero immediatamente sospese dai calendari venatori e considerate oggetto di speciali interventi di tutela. Ad oggi, tuttavia, né le regioni hanno provveduto in tal senso (tranne qualche timido segnale nei carnieri) né il Governo e l’Ispra, da cui siamo ancora in attesa di parere, hanno inteso intervenire in alcun modo. Una situazione incomprensibile, di quasi abdicazione dello Stato.
Un plauso finale all’Abruzzo che ha opportunamente posticipato al 1° ottobre l’apertura della stagione e al Piemonte, che ha mantenuto nel calendario alcune tutele per le specie, tra cui l’allodola e la pernice bianca, che non risultano cacciabili nel territorio regionale. Nel buio della disattenzione generale, piccole luci di responsabilità.
15 settembre 2017
Andrea Mazza
Ufficio stampa Lipu-BirdLife Italia




































