Sognando agosto – Caprioli anomali: Con amici e colleghi, frequentiamo assiduamente le stesse zone di caccia, in ogni stagione dell’anno. Qualcuno, tuttavia, pensa che siamo fuori di testa perché non parliamo di «caprioli» e basta, ma battezziamo ogni capo con nome e cognome, stagione dopo stagione e in ogni periodo dell’anno.
Questa personalissima classificazione, che si basa sulle caratteristiche e anomalie del palco, ma anche su espressioni e comportamenti, non ha valore scientifico e statistico, ma rappresenta un campione piuttosto significativo di quanto non troviamo sui libri di zoologia.
Testo e foto di Riccardo Camusso, Moreno Pellegrin, Marco De Alessandri.
Le anomalie dei caprioli (anche genetiche) sono così varie che solo l’osservazione diretta è decisiva per il riconoscimento:
Marco è il fornaio di un piccolo paese dell’alessandrino; per consegnare il pane e la focaccia, percorre ogni giorno – all’alba – la valle che segna il confine fra i due distretti dell’ATC AL 4. Sono in tutto una ventina di chilometri, fra vigne, prati di erba medica, coltivi e boschi di gaggie. La sua fotocamera e il lungo sono sempre in azione. Moreno, ogni giorno, percorre (con il lungo e/o la carabina) tutte le migliori zone della Val di Fassa, frequentate da caprioli, cervi e mufloni. In tutti i periodi dell’anno, il suo binocolo e la sua fotocamera spaziano fra praterie e boschi di larici e abeti.
Riccardo, quando sta in Italia, trascorre le prime ore del mattino e quelle serali ad osservare i caprioli dell’alessandrino, della Val di Fassa e di altre zone. Anche lui, usa fotocamera e carabina, a seconda delle stagioni. Molto spesso, Marco, Moreno e Riccardo si incontrano, sul campo e/o al computer per scaricare le foto. L’assidua frequentazione delle stesse zone, e degli stessi animali, ha creato in loro una «deformazione» professionale: non parlano, infatti di caprioli e basta, ma di «Cornastrette », «OttoPunte», «Nero»… e così via. Nomi che nulla hanno di scientifico, ma che identificano il soggetto in modo inequivocabile.
Sì, perché ogni maschio è stato battezzato evidenziando la caratteristica e/o anomalia del palco. Ciò giova ai censimenti, ai prelievi, al riconoscimento e alla gestione, a prescindere che il capo sia in velluto o pulito. Le anomalie (che caratterizzano la grande maggioranza dei caprioli) diventano un segno distintivo, inconfondibile, che aiuta a comprendere anche le abitudini, la territorialità e la composizione dei gruppi famigliari. Certo, questa casistica (pur se riferita a territori collinari e montani) non può avere un valore scientifico e statistico.
Tuttavia, pur basandosi su piccoli numeri, può rappresentare una campionatura di grande valore, sicuramente più attendibile della (forzata) teoria sulle anomalie dei caprioli che troviamo sui libri di zoologia. Ne è testimonianza il fatto che anche in altre zone – estero compreso – abbiamo riscontrato e osservato le stesse anomalie con cui abbiamo battezzato i «nostri» caprioli.
Quando la realtà supera la fantasia:
L’osservazione diretta – prolungata nel tempo e nelle stagioni – conferma il carattere ereditario di alcune anomalie e smentisce spesso ciò che leggiamo sui libri di zoologia, secondo cui il palco di un capriolo può presentare radicali variazioni ad ogni stagione. Tutti i maschi che seguiamo da varie stagioni, ripropongono (anche durante il velluto) le stesse anomalie/caratteristiche delle stagioni precedenti.
Non solo: in molti casi (piccoli compresi) sugli stessi territori si alternano gruppi famigliari numerosi in cui alcuni maschi presentano anomalie simili. Il tutto viene regolarmente confermato (e misurato) nei casi in cui la «storia» di un certo capo si chiuda con il regolare abbattimento di selezione. La follia di Marco, Moreno e Riccardo, poi, va oltre, forse esagerando un po’: non ci si accontenta infatti di classificare i caprioli secondo le caratteristiche morfologiche e del palco, ma si arriva a riconoscere ogni capo anche dalla «espressione» e dai comportamenti.
È il frutto di una frequentazione assidua, attenta e costante. Accade come per i cani di una stessa cucciolata, o i segugi di una muta: le prime volte sembrano tutti «uguali», senza distinzioni; dopo poco tempo, però, li si distingue nettamente da piccoli dettagli, dai comportamenti, dal diverso timbro di voce e da mille altre cose.
Per questi (ed altri) motivi, anziché descrivere (in modo teorico) le anomalie dei caprioli, abbiamo preferito lasciar parlare le immagini. Lo facciamo con una galleria fotografica (in digiscoping) di caprioli anomali in collina e in montagna, sia su capi che stiamo tuttora seguendo, sia su capi oggetto di prelievo selettivo.
Crediamo che – per la selezione ai caprioli – sia un approccio corretto e invitiamo i lettori a inviarci le fotografie dei caprioli anomali osservati (o prelevati) nelle varie zone di caccia. Ne risulterà una casistica più completa e rappresentativa.
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