constatiamo che, per l’ennesima volta, Oscar Grazioli torna a straparlare di caccia sulle pagine de “il Giornale” presentando l’ennesima accozzaglia di luoghi comuni e preconcetti, prova del fatto che, oltre ad essere prevenuto in materia (come lui stesso candidamente ammette), è anche disinformato e non si cura di rimediare alle sue lacune per fare una corretta informazione all’Opinione pubblica. Per noi si tratta di un ottimo esempio di giornalismo e di giornalista in declino, altro che la caccia come lui sostiene.
Ci consenta di porre rimedio rendendo pubblico sugli stessi spazi questo nostro doveroso tentativo.
Grazioli sostiene che la caccia non è uno sport, e su questo ha pienamente ragione, ma non perché non vi siano analoghe possibilità di vincere per i “contendenti” (se andasse a caccia saprebbe quanto è difficile vincere un selvatico). Proprio la caccia non è uno sport perché, piuttosto, rappresenta il mantenimento di un naturale istinto umano (che, piaccia o non piaccia, non è possibile rinnegare) evolutosi in una radicata quanto ultra – regolamentata passione, ancora avvertita e – grazie a Dio – seguita da molti che, per poterlo fare, debbono essere cittadini di serie A, con pedigree certificato, al contrario di quanti, invece, possono essere degli anticaccia, andare allo stadio e agli happy hour con una fedina penale da far invidia ad un capo mafia.
Grazioli si bea del fatto che i “suoi” giovani emiliani amino di più gli happy hour e il letto (“soli o bene accompagnati”) che l’alba, i rovi e il fucile. Contento lui. Noi preferiamo i nostri giovani che ancora ci seguono a caccia abbandonando il letto prima dell’alba (se vi giacevano bene accompagnati o soli son fatti loro e a noi non interessa come a Grazioli) e non poltrendovi come flaccidi fagotti fino al pomeriggio dopo essersi rimbambiti in una discoteca.
I cacciatori, tutti, giovani o meno, prediligono uno stile di vita sano, che impone di saper dare spazio ai divertimenti e al riposo, che impone il seguire delle regole e dei ritmi naturali, di essere in forma fisicamente e psicologicamente, di non far uso di droghe e abuso di alcolici.
Forse sarà per questo che auspichiamo di poterli riavere tra noi a partire dal sedicesimo anno di età. I rischi e le cattive abitudini per i giovani son tutti fuori e non dentro il mondo della caccia che è solo scuola di vita vera, di valori che purtroppo è proprio il resto della società a dimostrare di perdere o di avere perso per prima.
Poi Grazioli sostiene che vi sono diverse varianti dell’attività venatoria “alcune più odiose e vili di altre” e fa l’esempio delle cacce da appostamento agli uccelli migratori che prevedono l’utilizzo di richiami vivi perché cacce ritenute troppo facili, comode e perché tali uccelli sarebbero già “decimati da intemperie, cambiamenti climatici e inquinamento ambientale”.
Quanto alla facilità e alla comodità di tali forme di caccia non ci sono parole per spiegare a Grazioli quanto sia in errore. Come già facemmo con il Signor Maurizio Costanzo, invitiamo anche Grazioli ad abbandonare – almeno una volta – il suo caldo lettone ed a provare di persona quello di cui blatera senza alcuna conoscenza ed esperienza.
Quanto agli uccelli migratori il signor Grazioli può stare tranquillo: le specie cacciabili migratrici godono tutte di ottima salute, tanto è vero che la dove vi è un ambiente idoneo ad ospitarle non è un problema incontrarle.
Quell’ambiente che, purtroppo è questo il vero problema, in Italia più che in altri Paesi è stato loro sottratto per far posto alla “nuova umanità” di cui anche Grazioli pensiamo faccia parte, che beneficia di case, strade, ipermercati, luce elettrica, riscaldamento, macchine, aerei, treni, ecc., ecc., con tutte le conseguenze del caso.
Quella nuova umanità che poi trova comodo mettersi la coscienza in pace sostenendo l’utilità di parchi abbandonati a loro stessi e campagne contro la caccia.
I cacciatori, certo, beneficiano delle stesse comodità e per questo anche loro sono “responsabili” di aver sottratto ambienti alla fauna selvatica; i cacciatori, certo, operano un prelievo sulle popolazioni di fauna selvatica cacciabile che, però, non ha assolutamente impatti negativi sulle stesse, tant’è che le specie cacciabili hanno dinamiche popolazionali positive, mentre sono spesso le specie protette ad avere maggiori problemi. Chissà perché.
I cacciatori, però, lavorano anche per ricostruire questo ambiente andato perso, lavorano per migliorare e mantenere quello che è rimasto, per gestire le popolazioni di fauna selvatica ed inselvatichita che provocano danni ambientali ed economici alla collettività, ci mettono le loro risorse finanziarie e la loro esperienza. Solo che nessuno ci permette di comunicarlo, mentre grande visibilità è data solo ad iniziative – per altro spesso discutibili – realizzate dalle associazioni ambientaliste.
Grazioli non conosce neanche i nostri anziani: nessuna propensione al divano, ma ancora tante energie e voglia di andare a caccia. Probabilmente ha altri esempi da seguire.
Ridicola, infine, la concezione della caccia come “roba da siuri e non da minatori”.
Proprio Grazioli non conosce il mondo della caccia e non perde occasione per dimostrarlo e fare così brutte figure.
Non scappi Grazioli. I cacciatori non le spareranno per le sue “sparate”. Di altri deve aver paura e si aggirano più facilmente nelle discoteche e negli happy hour.
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