Il Parco Nazionale Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna ha finalmente un Direttore. Il saluto di Giorgio Boscagli.
Giorgio Boscagli dall’11 gennaio è il nuovo direttore del Parco Nazionale Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna. Il suo nominativo è stato selezionato dal Ministro per l’Ambiente nella terna di nomi individuata dal Consiglio direttivo, con una procedura di rara trasparenza, così come prevede la legge quadro sulle aree protette.
Direttore del Parco Nazionale Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna: ricoprirò questo ruolo per i prossimi cinque anni, spero con onore. Credo di poter parlare di un “ritorno”: per il Parco avevo infatti già curato il convegno internazionale “Lupo e Parchi” e sviluppato, con il Coordinamento Territoriale per l’Ambiente del Corpo Forestale dello Stato in servizio al Parco, la base della formazione per l’attività di monitoraggio del lupo e della fauna in generale. Non voglio andare più indietro, ma potremmo risalire ai primi anni ’80, prima che il Parco nascesse. La mia storia in campo ambientale è abbastanza lunga: Parco d’Abruzzo (anni ’80), Parco Sirente-Velino (anni ’90) e adesso prendo come una bella e costruttiva sfida questa nuova esperienza. Nel passato – recente e non – ho potuto toccare con mano il valore, umano e ambientale, di queste terre. Ma voglio sottolineare con particolare forza uno degli elementi che più mi ha convinto nel porre la mia candidatura per questa direzione: la professionalità e passione del personale e la qualità del lavoro svolto dall’Ente. Un pizzico di immodestia mi permette di dire che credo di essere in grado di valutare queste cose, proprio per l’esperienza maturata in oltre 30 anni “nei parchi e per i parchi”. Il nostro Parco (consentitemi di dire già così!) si sviluppa in un territorio segnato dall’impronta culturale del Granducato di Toscana e dalla grande scuola naturalistica romagnola. I due versanti – toscano e romagnolo – ospitano ambienti unici nel loro genere e valori antropologici altrettanto straordinari; tutto ciò contribuisce a rendere inestimabile questa grande area protetta, un unicum complesso e variegato che certamente va oltre la somma dei valori delle singole parti che lo compongono e che come tale deve essere considerato: una grande unità operativa al servizio dell’ambiente e della gente. In parte già lo è; io ce la metterò tutta per renderla ancora più efficiente e per darle il ruolo che penso le spetti nel panorama nazionale e internazionale. Lo dico da direttore, ma anche da biologo-faunista che segue da molti anni le sorti precarie dei grandi mammiferi carnivori italiani. I progetti da realizzare e le emergenze a cui far fronte mi pare, ad una prima analisi, che siano davvero molti. Ci aspetta quindi un futuro di grande lavoro. Ma in questo panorama di passioni e di voglia di fare non posso non esprimere anche qualche preoccupazione: arrivo a dirigere un Parco proprio nel momento che subisce feroci tagli al bilancio e che pertanto corre il rischio di diventare una testa senza braccia per operare. Anche su questo fronte però credo di poter dire che esiste una (inusuale, in Italia!) percepibile e verificata unità di intenti col presidente Sacchini e con il Consiglio direttivo; spero di poter dire presto la stessa cosa anche della Comunità del Parco, altro organo dell’Ente che considero interlocutore fondamentale e che mi auguro di incontrare presto. All’epoca della discussione della Legge Quadro sui Parchi, ormai venti anni fa, mi faccio un punto d’onore l’essere stato tra coloro che si batterono con forza per l’istituzione di quest’organo dell’Ente: mi piacerebbe che anche sulla qualità del suo funzionamento e operato il nostro Parco diventasse un riferimento nazionale, con una Comunità che facesse del “senso dell’appartenenza” al Parco un cavallo di battaglia. Vorrei infine esprimere un auspicio forte di collaborazione e sinergia con le istituzioni, le piccole imprese locali, le associazioni (ambientaliste, ma anche venatorie) e i singoli cittadini: senza il supporto di questi ultimi ogni scelta di strategia culturale è destinata a fallire e invece, almeno per me, l’istituzione dei Parchi è stata ed è una delle avventure più belle e una delle scommesse più alte che il Paese abbia fatto dal dopoguerra ad oggi. Spero di poter giocare questa partita fianco a fianco assieme a molti di coloro che ci leggeranno.
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